Il 16 settembre gli investigatori del Commissariato Distaccato di Tivoli, coordinati dal “Gruppo uno” della Procura tiburtina, hanno eseguito nei confronti del cittadino egiziano M.Y.A.A. di anni 55, la misura cautelare degli arresti domiciliari con applicazione del dispositivo di elettronico di controllo (braccialetto ndr). Il provvedimento, emesso dal GIP del Tribunale di Tivoli su richiesta di questa Procura della Repubblica, si è reso necessario poiché l’uomo, indagato per i maltrattamenti in ambito domestico nei confronti della moglie, cittadina di nazionalità romena di anni 51, nonostante fosse già gravato dalla misura cautelare dell’allontanamento dalla casa famigliare, del divieto di avvicinamento alla parte offesa con “braccialetto elettronico” e, ancora, del divieto di dimora nel comune di Guidonia Montecelio, ha continuato ad assillare la donna tramite i social media, l’ha avvicinata più volte ed ha continuato a dimorare nel comune di Guidonia Montecelio, del tutto incurante delle restrizioni in atto. L’attività d’indagine svolta dagli agenti del Commissariato, che hanno attentamente monitorato gli spostamenti dell’indagato accertando le violazioni alle prescrizioni imposte e le segnalazioni della stessa vittima, hanno permesso l’emissione della misura cautelare da parte dell’Autorità Giudiziaria.
Il 19 settembre un altro fatto analogo. Sempre gli investigatori del Commissariato Distaccato di Tivoli, coordinati dal “Gruppo uno” della Procura tiburtina, hanno eseguito nei confronti del cittadino italiano C.M.A. di anni 36, la misura cautelare della custodia cautelare in carcere. Il provvedimento, emesso dal GIP del Tribunale di Tivoli su richiesta di questa Procura della Repubblica, si è reso necessario poiché l’uomo è indagato per le gravi e reiterate violenze fisiche e psicologiche che, da anni, ha posto in essere nei confronti della compagna e convivente, una cittadina italiana di anni 33. Comportamenti che, come si legge nell’ordinanza emessa dal G.I.P., “... pur se realizzate in momenti successivi, sono collegate a un nesso di abitualità ed avvinte nel loro svolgimento da un’unica intenzione criminosa di ledere l’integrità psicologica e morale della persona offesa così rendendo del tutto impossibile la convivenza”. L’indagato ha sottoposto la convivente a violenze fisiche, a continue sopraffazioni e minacce di morte, prevaricazioni che nel tempo hanno annichilito la volontà e distrutto l’autostima della donna; negli anni, inoltre, ha sottoposto la donna ad un costante controllo, monitorandone l’utilizzo del cellulare e dei social, impedendole di uscire con i suoi amici e di intrattenere rapporti con i suoi familiari, anch’essi vittime delle minacce e delle aggressioni perpetrate dall’uomo. Le indagini dunque hanno consentito di accertare il pesante clima di coercizione a cui la vittima era sottoposta da anni.
Diversi gli interventi eseguiti nel tempo presso l’abitazione della coppia dalle pattuglie dalle forze di Polizia, tuttavia in quelle occasioni la vittima, dopo aver chiesto soccorso, ha minimizzato le violenze subite, arrivando a negare di essere vittima di maltrattamenti per paura di ulteriori ritorsioni e proprio perché assoggettata al compagno che non ha mai denunciato. L’inverno scorso, grazie alla querela depositata dai genitori che avevano soccorso la figlia in una località balneare perché vittima dell’ennesime brutali violenze, la donna, per un breve periodo, è stata collocata in una struttura protetta effettuando degli incontri presso un centro antiviolenza della Capitale ma poi, come nelle più tipiche dinamiche riscontrate nelle cd “relazioni tossiche”, è tornata a convivere con l’uomo. Nell’agosto scorso, nell’ultimo, ennesimo intervento effettuato dalle pattuglie della Polizia di Stato presso l’abitazione della coppia a seguito di una violenta aggressione subita dalla vittima, la donna ha finalmente presentato denuncia nei confronti del compagno ed è stata collocata in una struttura protetta, apparentemente determinata nell’interrompere definitivamente la relazione. Dopo qualche settimana, la donna è nuovamente tornata a vivere con l’uomo per l’assenza di un contesto ambientale favorevole. Le indagini e gli elementi di prova raccolti durante l’attività di polizia giudiziaria hanno fatto emergere un quadro indiziario a carico dell’indagato chiaro e preciso. L’accertato pericolo di recidiva delle condotte criminose e il concreto rischio per l’incolumità della vittima, che si è dimostrata assolutamente priva di autonomia decisionale e incapace di sottrarsi dal compagno nonostante le indicibili violenze subite, hanno determinato le esigenze cautelari nei suoi confronti compendiate nella misura cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Tivoli.
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